Cari Alpini, ragazzi del C.A.I. ed amici tutti,
è con un po’ di amarezza che vi scrivo queste righe sull’esperienza di capo campo che ho fatto a Sassa, frazione a 15 km dal centro di l’Aquila. Si tratta però di un’amarezza positiva, derivante dal distacco ed il saluto che precede il ritorno a casa, sapendo di aver fatto il possibile. Ahimè, il tempo è però tiranno e le cose da fare sono ancora molte.Fino a pochi giorni fa, avevo svolto prevalentemente lavori di manovalanza, che comunque non disdegno. In poche ore, da aspirante garzone di cucina, mi son ritrovato a dirigere e gestire, nel ruolo di responsabile, il campo di Sassa Scalo con gli otto campi satellite. Sono arrivato al campo, senza esperienze concrete di coordinamento e gestione di squadre di protezione civile, ma con l’aiuto e la collaborazione di tutti i volontari, ce l’abbiamo fatta. Eravamo 19 volontari della P.C. ANA e 8 volontari del CAI, e nei primi giorni tutti un po’ disorientati.
All’alza bandiera del mattino ho ricordato più volte, a tutti i volontari, che siamo gente a cui piace andar in montagna, e amando la montagna, sappiamo affrontare con grinta le fatiche e le difficoltà che ci si parano davanti. Vi assicuro che senza queste donne e questi uomini, non ce l’avrei fatta. Ognuno ha svolto il suo compito con caparbietà e costanza - dal lava pentole al cuoco, dal responsabile della manutenzione al segretario – per risolvere al meglio i problemi e dare sollievo alle persone ancora residenti nei campi.
I primi due giorni sono stati duri e, a causa di alcuni ordini di alimentari inevasi, abbiamo fatto i miracoli per dar da mangiare alla gente. Fortuna che c’erano pasta, verdure e carne in scatola! In cucina han lavorato magistralmente persone che normalmente sono carpentieri, pensionati ed impiagati; di cuochi professionisti neanche l’ombra! Il crescente affiatamento fra tutti noi, ha consentito di risolvere i vari problemi e gestire la situazione.
|